Di Vittorio: il Piano del lavoro e la condanna dell’invasione dell’Ungheria nel 1956. di Cosimo Zullo.

A 60 anni dalla morte di Giuseppe Di Vittorio avvenuta a Lecco il 3 novembre del 1957, la nostra Associazione lo ricorda con una iniziativa dedicata venerdì 17 novembre 2017 presso la sede di via Castello 20 a Mesagne.

Giuseppe Di Vittorio è stato un grande protagonista del ‘900 e pertanto la nostra Storia è ricca delle tante buone azioni da Egli compiute e che hanno reso possibile importanti conquiste di libertà e l’affermazione  della democrazia e dei diritti al lavoro e nel lavoro, di riscatto dalla schiavitù di tanti uomini e donne.

Tra le tante sue iniziative, penso che a rappresentare emblematicamente la sua personalità coraggiosa, il suo essere coerente  e determinato, siano state la costruzione del Piano del Lavoro e la posizione di radicale condanna dell’invasione dell’Ungheria da parte dei Sovietici.

Nel 1949, al Congresso Nazionale di Genova, Di Vittorio presenta la proposta di un “piano economico e costruttivo per la rinascita dell’economia nazionale”.

Il Piano del Lavoro nasce con l’idea di raccogliere e unire tutte le energie produttive per far sì che la fase della ricostruzione coincida con un nuovo sviluppo del Paese. Un deciso intervento pubblico per correggere gli squilibri sociali ed economici. Il Piano, che dopo il Congresso di Genova viene presentato l’anno successivo a Roma, può essere sintetizzato in tre direttrici di intervento: nazionalizzazione dell’energia elettrica con la costruzione di nuove centrali e bacini idroelettrici, soprattutto al Sud; avvio di un vasto programma di bonifica ed irrigazione dei terreni per promuovere lo sviluppo dell’agricoltura, specialmente nel Mezzogiorno; un piano edilizio nazionale per la costruzione di case, scuole e ospedali. Anche se il Piano non diede nell’immediato i risultati voluti, indicò tuttavia alcune direttrici di politica economica che sarebbero poi state avviate e realizzate dai governi dei decenni successivi. Il Piano produsse, inoltre, una straordinaria mobilitazione civile, “un movimento che liberò immense energie potenziali, che suscitò l’insorgere di nuovi fatti associativi e organizzativi, di nuove forme di partecipazione dal basso”,come sotttolineò un altro grande dirigente del movimento operaio, Bruno Trentin,.

Il 27 ottobre del 1956, Giuseppe Di Vittorio, in uno con la Segreteria della Cgil, condanna la decisione dei sovietici di stroncare nel sangue la domanda di democrazia e di partecipazione reclamata dalla rivolta operaia e popolare ungherese e sostenuta dal governo legittimamente in carica. La condanna, non è solo dell’intervento militare. Il giudizio è netto e investe tanto i metodi antidemocratici utilizzati dai governi dei Paesi dell’Est Europa, quanto l’insufficienza grave delle stesse organizzazioni del movimento sindacale. Una scelta coraggiosa in un’epoca nella quale non era facile differenziare le posizioni da quelle assunte dalla Direzione del Partito di riferimento, il PCI, che invece aveva sostenuto quella invasione, anche se con gravi lacerazioni al suo interno.

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