Desistere per resistere

In occasione della pubblicazione di un articolo del nostro Presidente -on.Cosimo Faggiano- sulla Resistenza, abbiamo chiesto altri contributi non solo in termini di rievocazione storica, ma anche su come si intende oggi difendere i suoi valori che sono contenuti nella Carta Costituzionale.
Tutto ciò anche alla luce di fenomeni di recrudescenza neo-fascisti o razzisti.
Pubblichiamo oggi un contributo di Concetta Somma, già segretaria generale della CGIL di Brindisi e da sempre impegnata nella difesa dei lavoratori e dei loro diritti.
Non sfugge infatti che difendere il “valore” del lavoro nella congiuntura economico-politica attuale, significa anche tagliare alle radici le ragioni della comparsa di movimenti neo-fascisti. Auspichiamo altri interventi che riescano a sollecitare l’impegno di tutti.

” Mesagne, 10 0ttobre 2017                                                                                Concetta Somma
Desistere per resistere
Chi ha vissuto come immanente alla propria vita l’impegno politico a tutela dei diritti dei lavoratori
e dei cittadini non poteva resistere senza scegliere di desistere dall’omologarsi a metodi e scelte
contrari ai principi fondamentali del nostro vivere civile e della Costituzione.
L’interesse che stanno suscitando i movimenti politici e culturali nati per contrastare l’andazzo
che sta minando la nostra democrazia fa sperare che si riesca a contrastare un sistema che porta
alla fine della rappresentanza politica e sociale. L’auspicio è quello di ritrovarsi per ricercare le
migliori soluzioni da dare ai bisogni della nostra Comunità, bisogni che oggi sono davvero
complessi tanto più dopo la cancellazione di quelle certezze che rendevano forti le persone e le
associazioni di rappresentanza.
Precise scelte in materia di politica sociale, improntate a compassionevole filantropia, hanno
infatti creato sempre maggiori fragilità nel tessuto sociale non ponendo le condizioni di una
domanda di lavoro che provenga dallo sviluppo dell’offerta.
In questi anni mi sono interrogata sulle scelte che i nostri rappresentanti in Europa hanno fatto
per favorire l’impiego delle cospicue somme messe a disposizione dal Fondo Sociale Europeo.
Quanto si sarebbe potuto destinare a interventi per infrastrutture materiali che avrebbero dato
sicuramente impulso allo sviluppo di occupazione diretta e indiretta e quanto sarebbe stata
equilibrata la programmazione dell’impiego di risorse per finanziare infrastrutture immateriali.
Si continuano a prospettare interventi dedicati a particolari fasce di reddito e classi di età. Si
adottano provvedimenti incoerenti tra loro. Infatti, se da un lato si riforma la legge sui
pensionamenti assumendo come bussola l’aspettativa di vita, dall’altro, non ci si preoccupa di
superare le differenziazioni negli accessi agevolati: per i nati dopo luglio del 1952, ad esempio, la
condizione per vivere dignitosamente non può che essere quella di poter continuare a svolgere
un’attività lavorativa. Salute permettendo, ovviamente.
C’è una nuova povertà, purtroppo, alla quale non risponde nessun parametro né del reddito di
inclusione né di quello di cittadinanza.Una povertà fatta di rinunce a curarsi o a continuare ad
istruirsi. Il sistema che garantiva cure ed istruzione è stato infatti smantellato in un contesto in cui
l’attenzione è stata distratta da movimenti che hanno utilizzato in questi anni l’anti-politica come
amplificatore dei rumori di fondo della società per distruggere l’idea ed il valore della democrazia
di rappresentanza.
A tal proposito, mi torna in mente la rivendicazione di autonomia della Lega per la Lombardia e il
Veneto con la proposta di Referendum per il prossimo 22 ottobre. Sarebbe ora di far fare bene i
conti in tasca. Certo, non ai promotori del Referendum che pensano a conservare il consenso,
ma agli operatori economici della Lombardia e del Veneto che grazie alla vigente normativa
partecipano alle gare di appalti delle Regioni del Sud e trasferiscono grandi ricchezze dalle nostre
casse alle banche del nord e di conseguenza ingrassano il prodotto interno lordo delle Regioni
del nord. Converrebbe ancora la “secessione” se questo dovesse significare pregiudicare l’attività
economica delle aziende del nord?
Sarà sicuramente opportuno riproporre il valore dell’unità mostrando i risvolti dell’altra faccia del
pragmatismo.
Quella parte della società, quella silente, quella che rappresenta il 50% di elettori che desiste,
astenendosi dal voto, perché non riconosce una rappresentanza adeguata, auspica che si
affermino movimenti capaci di fare grandi alleanze per fare ritornare a vivere la democrazia di
rappresentanza politica e sociale. Una democrazia capace di dare valore a Enti, Istituzioni,
Associazioni, soggetti intermedi che si assumano la responsabilità anche di perdere il consenso,
se per conservarlo si devono compiere scelte di “basso profilo”! L’auspicio è quello di far vincere
lo spirito della Costituzione e dei suoi valori assicurando che ciascuno svolga la sua funzione
senza confusione di ruoli e responsabilità. “

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